giovedì 26 settembre 2013

UNA PEPITA D'ORO A LAS VEGAS - IL GOLDEN NUGGET



Vivere a Las Vegas è stata un'esperienza affascinante, ho già raccontato della magnifica sensazione di atterrare e guidare nella notte attraverso la città fino al deserto (vedi nel blog: Atterraggio a Las Vegas) e della storia del gangster che l'ha fondata (vedi: Quattro Passi tra i Prati a Las Vegas), mentre ero lì lavoravo per una rivista e ho scritto una serie di articoli sugli alberghi e sulla storia di Las Vegas. Eccone uno qui sotto, adattato a questo luogo di storie e ricordi. 


Non sono stati dei pionieri qualsiasi a fondare Las Vegas. Come sempre questa città riesce a stupire e lo fa anche con le sue origini. Las Vegas significa “i prati” in spagnolo e perché ci fossero dei prati doveva esserci acqua in abbondanza. Nel deserto? Nel deserto. Fu un particolare evento geologico che, qualche migliaio di anni fa, provocò la nascita di sorgenti d’acqua pura in un’area molto arida, poco lontano da quello che è oggi lo Strip. Per secoli questi luoghi furono frequentati unicamente dagli indiani e solo verso l’inizio del XIX secolo gli esploratori cominciarono a segnalare la presenza dell’acqua su cartine e mappe. Attratto dalle risorse idriche del luogo un gruppo di pionieri scese da Salt Lake City per stabilirsi e creare una comunità. Erano missionari Mormoni. La città del gioco d’azzardo fondata da predicatori puritani, non male come inizio. Il luogo dove si stabilirono è oggi conosciuto come Las Vegas Fort, il forte di Las Vegas. I mormoni non rimasero a lungo, se ne andarono per un non ben specificato motivo, forse l’aria si stava facendo troppo peccaminosa per loro. 
Il forte di Las Vegas, dove tutto ebbe inizio, è poco lontano da quello che è stato per molti anni il fulcro della vita cittadina: Downtown. All’inizio, lasciava un po’ a desiderare l’aspetto del luogo nel quale si fermavano i pionieri e gli avventurieri per cambiare i cavalli, mangiare, dormire, riposarsi. Tutto si svolgeva lungo le polverose strade sterrate costeggiate da edifici di legno un po’ fatiscenti, in classico stile “Mezzogiorno di fuoco”. Rivendite di liquori, saloon, bordelli facevano da cornice a quello che era considerato il quartiere a luci rosse, noto a tutti come Block 16’s,sulla First Street. Il più famoso degli edifici ospitava l’“Arizona Club”, bar e casa di tolleranza di “classe”. Oggi non esiste più. Al suo posto il parcheggio del Binion’s Casinò, che sorge sulla Fremont Street, proprio di fronte a quello che è considerato la vecchia e nobile signora di Downtown, il Golden Nugget.
Il Golden Nugget è stato il primo edificio costruito allo scopo di ospitare unicamente il gioco d’azzardo. Tra i suoi proprietari anche - e chi altrimenti - “The Voice” Sinatra, re incontrastato di questa città che ha amato e dalla quale è stato corrisposto, e Steve Wynn, l’uomo che ha cambiato Vegas. Quella di Wynn è un’altra storia e la racconteremo la prossima volta, comunque sarà difficile dimenticarvi di lui quando girerete per la città.
Downtown, dopo il boom del parco giochi Strip, si era trovata in una fase di declino e tristezza. La sue luci, una volta le più brillanti della città erano almeno un po’ appannate, perché il grosso della clientela sceglieva i più facili e ridondanti divertimenti dello Strip. Così l’enorme insegna del Golden Nugget, alta più di 14 metri e larga altrettanto, se ne stava triste e sconsolata sulla Fremont a guardare il suo compare, altrettanto depresso, il Binion’s. Abbattuta quell’insegna, è stato dato un tetto, letteralmente, alla via e da qualche anno si è riusciti ad attirare i turisti che sono tornati di nuovo numerosi. Tutte le sere ci sono concerti dal vivo, dal gruppo cover dei Queen a piccole star della Country Music; artisti plastici che dipingono quadri in pochi minuti, giocolieri che roteano palline e clave di fuoco; localini senza tavoli che propongono dolci fritti dall’aspetto inquietante e, per le signore “anche l’occhio vuole la sua parte”, un paio di depilatissimi, mica tanto muscolosi, Chippendale’s che si fanno fotografare a torso nudo. Come in un rito catartico abbracciano ragazze più o meno giovani (con diritto di palpata…) che pagano profumatamente per l’onore della foto. Versione un po’ meno glamour, ma accettabile, e sempre decisamente kitch, del teatrino che si esibisce al Rio. Dulcis in fundo, lo spettacolo suoni, laser e luci. Fantasmagorico e divertente, vale la pena di mollare i tavoli da gioco per goderselo insieme alla folla eterogenea che popola questa via assurta a nuova vita.
L’ambiente di Downtown è sicuramente più ruspante rispetto a quello dello Strip, ma forse qui si ritrova un po’ di quell’America delle Fiere di paese, quelle che popolano l’estate rurale del paese profondo. Quell'anima un po' rude dei cowboy che alla fine di una giornata di lavoro a controllare la mandria o a lavorare i campi si diverte in quelli che un tempo erano i saloon. A Downtown Las Vegas si ha ancora la sensazione di essere in quell'America che ha fatto la storia nei film western, nonostante sia un mondo in transito tra sberluccichii, fantasia e un pizzico di concretezza.
E’ in quest’aria rilassata e meno formale che si presenta il Golden Nugget. Sempre piuttosto elegante, si presenta con le sue luci bianche che brillano sullo sfondo altrettanto candido dell’esterno e la luce prosegue all’interno. Finalmente da queste parti si riesce a capire se è giorno o notte, un bel vantaggio in una città dove nessuno vuole che tu abbia il senso del tempo. In bella vista all'entrata c’è anche la teca che racchiude la famosa pepita, quella che da il nome al locale, è enorme e sta a voi stabilire se è vera o falsa. Il buffet, fiore all’occhiello dei ristoranti dell’hotel, è accreditato tra i migliori e più riforniti della città. Le sale da gioco, molto affollate a qualsiasi ora, hanno i soffitti più bassi se paragonate a quelle dello Strip, dando così la sensazione di trovarsi in mezzo ad un’allegra confusione. Tanti tavoli, ma anche tante slot machines. Gli amanti del genere “ciliegie, prugne e bar” non resteranno delusi.
La piscina è assolutamente imperdibile, anche se le dimensioni sono lontane da quelle formato gigante del Bellagio o del Mandalay Bay. In mezzo all’essenziale vegetazione molti lettini, alcuni anche nell’acqua, e al centro una vasca nella quale nuotano squali di dimensioni ragguardevoli. Come? Certo che è a prova di bomba. Nell’acquario fanno compagnia agli squali, rocce, alghe e varie specie di pesci. Visto che lo spazio è ridotto all’osso il sun deck si snoda su tre piani, per ospitare più amanti della tintarella, e all’ultimo troviamo l’attrazione. Lo scivolo. Uno scivolo particolare, si tratta di un tubo trasparente (attenzione se soffrite di claustrofobia!), perfettamente stagno, che passa dentro al tank degli squali dando la sensazione di nuotare con loro. Un brivido perfettamente controllato, come quasi niente a Las Vegas. 

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