martedì 15 gennaio 2013

UN GIORNO A NIZZA, CON FINALE A SORPRESA

Delle avventure con la bella topolona ho già raccontato nel blog (In Viaggio con la Bella Topolona), ma ovviamente, anche se viaggio molto con lei, ho anche un'altra amica con la quale faccio spedizioni avventurose. Ci conosciamo da parecchi anni e siamo diventate amiche perché ci piacevano i prodotti di una certa marca, anzi lei lavorava per l'azienda che produceva la mia crema per il corpo preferita. Con gli anni abbiamo stabilito una routine di giri per negozi abbastanza solida. Ci piace andare a comprare vestiti e borse, insieme siamo un vero disastro per il portafogli, diciamo che ci esaltiamo a vicenda. Quando una è indecisa l'altra prende il toro per le corna e la convince a comprare, di solito una cosa di cui non ha bisogno e che le piace da matti. Siamo fenomenali, in questo senso. Dopo Natale e subito prima di Capodanno abbiamo deciso per una spedizione "solo ragazze" a Nizza.
La giornata era bellissima, c'era il sole, il mare calmo e una luce mozzafiato. Nizza è bellissima d'inverno, una grande città che ha mantenuto lo charme di un villaggio meditteraneo. Di solito la Promenade des Anglais, che la corre tutta, è un gioiello lungo il mare scintillante d'argento invernale, quel giorno era affollata, ma si presentava impeccabile, cartolina perfetta della città. Il mercato di Cours Saleya, coi suoi fiori e le sue bancarelle di saponi testimoniava che eravamo veramente in Francia, intorno i ristoranti proponevano menu del giorno e piatti speciali accanto ai menu speciali per le feste. Ci sentivamo in vacanza, come i vacanzieri vocianti che affollavano la bella piazza. Prima tappa, la boutique dove compro i miei vestiti. Una vera caverna di Alì Babà, che sembra scavata nella roccia, arredata in stile "eclettico-modernariato-barocchetto-un filino kitsch", in mezzo un divano di pelle, appendiabiti che in realtà ospitano borse, vecchi espositori da farmacia mostrano gioielli e oggetti per la casa, sciarpette attaccate nei luoghi più ameni e pareti, pareti di vestiti divisi per colore. Un vero paradiso. Il rito è: un giro per dare un'occhiata, un secondo giro più accurato, un terzo per perfezionare. Non siamo mai uscite da lì senza un sacchetto in mano, e anche quel giorno non ci siamo smentite. Abitino e borsetta stavano chiusi dentro ad un delizioso sacchetto da usare e riusare, perché una vera borsa, bordato d'oro e col nome del negozio. Fiere dei nostri acquisti siamo entrate dal rigattiere, forse è un po' cattivo definirlo rigattiere, diciamo che in realtà è un antiquario meno pretenzioso di tanti altri, situato sulla destra del cul de sac che è la via del negozio. Lampadari di cristallo e di ceramica di Capodimonte pendevano dal soffitto, vecchi manifesti degli anni trenta pubblicizzavano liquori e pastiglie per la tosse, un signore stava restaurando una porta che doveva essere stata piallata ai tempi di Nizza ancora italiana, oggetti appoggiati con elegante nonchalance stavano in attesa su tavoli tarlati. Un paradiso. Cerca, scava, tocca, alla fine le mie mani si sono posate su un servizio di tazzine con disegni rossi a sfondo bianco. Una cosa anni settanta, un gioiellino intonso, in perfetto stato, sei delizie di ceramica create per celebrare i trent'anni dello Sporting Club di Montecarlo. Significava che: Grace Kelly, la divina Grace, le aveva viste e molto probabilmente approvate; che il bel mondo si era trovato davanti a quelle tazzine e ne aveva sorbito il caffè con eleganza un po' blasé; magari non proprio quelle che stavano davanti a me, ma forse un Mick Jagger, un Jean Marais, una Catherine Deneuve avevano posato le loro labbra sulla rima della tazza. Dovevano essere mie. E così è stato.
Intanto la giornata scorreva tra un pranzetto nel mio ristorante preferito della Città (la Merenda, minuscolo, niente telefono e cucina sublime), un giro nelle vie strettissime del Vieux Nice (la Nizza Vecchia), una bighellonata nella Rue Pietonne, e una puntatina alle Galeries (Lafayette, ovviamente). La giornata di passeggio si è conclusa con l'acquisto di sublimi Macarons da Pierre Hermé, celestiali meringhette farcite di crema ai sapori più inconsueti e deliziosi: Cioccolato e Foie Gras, Nocciole e Tartufo, Mandarino e Olio d'Oliva, Cioccolato e Frutto della Passione. Gradimento in ordine di presentazione: Interessante, Divino, Celestiale, Sublime. Poi il rientro a casa, con la vecchia automobilina tossicchiante che uso da ormai un secolo. Una vecchia Panda che scatta come una gazzella se opportunamente stimolata (shhhh, non ditele che non è vero, poverina, le devo mormorare parole dolci altrimenti si offende).
Siccome eravamo in vacanza abbiamo deciso di evitare l'autostrada e farci una bella passeggiata automobilistica fino in Italia. Siamo uscite dal parcheggio e ci siamo dirette verso il Porto, una zona che da ragazzine abbiamo bazzicato parecchio perché sede di locali alla "modissima". Al semaforo ci siamo fermate e tenute pronte a scattare verso nuove avventure. Ho ingranato la prima e schiacciato l'acceleratore, la macchina ha urlato una sorta di stridio inconsulto, l'acceleratore si è incantato, la frizione si è messa a ridere e il cambio mi è rimasto in mano. Dal buco dove un secondo prima c'era il cambio potevo vedere l'asfalto. In quel momento l'incrocio si è riempito di un concerto cacofonico di clacson, urla e strepiti. La mia amica è scesa all'urlo di "Dai che ti Spingo". Da sola, con una macchina inchiodata, certo. Un passante impietosito l'ha aiutata e la Pandina ferita è rimata al palo lungo il marciapiede. Ridevamo come matte delle mie dita strette sul cambio divelto. Le auto ci sfrecciavano intorno, malefiche e arroganti, non ci degnavano di uno sguardo. Il triangolo, dobbiamo mettere il triangolo, ci siamo dette. Siamo scese e abbiamo aperto il bagagliaio, il triangolo era lì che ci aspettava, sicurezza di un pomeriggio leggero. Montarlo non è stato difficile, peccato che mentre cercavamo di farlo un lato ci sia rimasto in mano. Ilarità condita da preoccupazione, come avremmo fatto a farlo stare in piedi dietro alla macchia? Appoggiato al tubo di scappamento, ovvio, col pezzo mancante incastrato alla bell'e meglio. Abbiamo chiamato i soccorsi e ci siamo messe in attesa. Dall'altra parte del marciapiede due ragazzi stavano seduti all'unico tavolino di un baretto grosso come una valigia piccola. Bevevano una birra, chiacchieravano e fumavano, uno di loro è entrato per servire una cliente, l'altro ci guardava. In panne a chiesto a gesti, noi abbiamo annuito; il cambio? Ha chiesto mimando il gesto di cambiare le marce, abbiamo annuito sconsolate allargando le braccia, ha allargato le braccia anche lui, abbiamo riso tutti quanti. Dopo un po' l'altro ragazzo, quello che era entrato a servire la cliente, un biondino piuttosto carino, ha attraversato la strada, si è avvicinato. "Parlate francese signore?" la nostra risposta è stata affermativa, "Arrivano i soccorsi?" Arrivano, sì, "Bene, nel frattempo vi posso offrire un caffé?", lo guardiamo stupefatte, lui interpreta male i nostri sguardi e dice "Guardate che ve lo porto qui, non dovete scendere dalla macchina", lo guardiamo sempre più stupefatte, "No grazie diciamo" e lui "Beh, se cambiate idea fatemi un segno, io sono lì dall'altra parte del marciapiede e ve lo porto". Si è allontanato, si è acceso una sigaretta e ha continuato a chiacchierare col suo amico. Dopo un pochino sono arrivati e soccorsi. E sì, grazie dell'interessamento, la Pandina sta benissimo e continua a tossire brillante per le vie della Liguria. Quella probabilmente è stata la sua ultima volta all'estero, per raggiunti limiti di età.

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