martedì 29 maggio 2012

L'UNGUENTO MIRACOLOSO

Tutte le estati della mia infanzia le ho trascorse nello stesso posto, devo dire che ci ho passato anche parte quelle da adulta. Lo confesso, vado nello stesso posto in vacanza da una vita. Ho trascorso magnifici periodi in Corsica, Sardegna, Sicilia, Spagna, Turchia e in altre regioni e nazioni possibilmente fornite di spiagge, ma il mio buen retiro, la mia alcova segreta, resta casa dei miei nonni in Liguria. Le estati della mia infanzia trascorrevano pigre tra la spiaggia e il giardino, alla sera facevamo due passi e una puntata a prendere il gelato in una delle due gelateria del paese, cono e scelta tra ben cinque gusti. Io prendevo sempre nocciola e cioccolato. Ricordo il mare liscio, il cielo senza nuvole e il caldo torrido delle giornate di luglio. Noi bambini trascorrevano ore sotto il sole a giocare, dentro e fuori dall'acqua, sugli scogli a cercare patelle, sulla riva a buttare sassi nel mare e tornavamo a casa ustionati, rossi come gamberi appena scottati, roba che oggi manderebbero i genitori in galera. Allora si stava un paio di giorni a casa e la nonna ci curava con un impacco di olio d'oliva e limone, sbatteva l'intruglio fino a farlo amalgamare bene e lo spalmava sulle spalle e la schiena roventi. Per far sì che non ungesse pigiami e vestiti proteggeva il miracoloso unguento sotto un telo di lino bianco e fresco. Un qualsiasi dermatologo, anche il peggiore, oggi inorridirebbe al sistema empirico dal sapore fattucchieristico dei famosi impacchi di mia nonna. Allora era di rigore la cura casalinga, alcuni mettevano il pomodoro crudo, i più moderni provavano le pomate lenitive, la nonna no sosteneva che l'olio d'oliva rinforzasse la pelle e la rendesse più simile al cuoio, e quindi le impedisse di scottarsi ulteriormente. Le mie spalle erano sane, non spelavano mai, immagino dunque che il sistema funzionasse. Non oso indagare sugli effetti delle ustioni e dell'impacco sulla lunga distanza. La nonna si riforniva di olio di oliva presso la drogheria del paese. Il negozio si trovava sulla discesa nella via principale del paese, di fronte al panettiere e, impossibile sbagliare, al Bar Sport. Come ben si sa non esiste paese in Italia che non abbia un bar che risponde a questo nome. La drogheria aveva una doppia vetrina, un'insegna di metallo, o forse era plastica?, degli anni cinquanta inchiodata, o così sembrava, su piastrelline, quelle piccole piccole, di vetro verdi. Dentro era tutto un paradiso di detersivi, scopettoni, oli, saponi, carta igienica, creme per pulire l'argento, insetticida in polvere e spray, e altre amenità di casalinga utilità, le meno gettonate, soprattutto quelle che stavano più in alto,  erano anche un po' impolverate. Ci si trovava la famosa Cera Grey, "ottima direi", e il Bio "toglie le macchie impossibili" Presto dell'uomo in ammollo, il sublime chitarrista jazz Franco Cerri. Oltre, è ovvio, anche il famoso olio che la nonna usava per i nostri impacchi anti ustione. Un olio di qualità un "po' così" lo definiva mia nonna, ma miracoloso eh, mi raccontava con fare cospiratorio. In realtà credo che comprasse il più economico perché quello buono, che portava il contadino, lo riservava per il nutrimento degli umani. La bottiglietta, non troppo grande, veniva acquistata il giorno del nostro arrivo. Le valige avevano appena toccato terra nell'ingresso buio e fresco della casa della nonna che lei mi prendeva per mano e tutta contenta diceva "andiamo a comprare l'olio, che anche quest'anno è arrivata l'estate". Io credo che aspettasse me per andarlo a comprare, ho il sospetto che volesse sfoggiarmi in giro per il paese come fossi un magnifico accessorio. Conosceva tutti e il percorso era costellato di saluti, ma soprattutto da una serie di "è arrivata mia nipote. eh sì, è proprio cresciuta. avete visto, niente dente. certo, è passato il topolino". Mio fratello non lo portava molto in giro perché era troppo piccolo e girare con quella peste scatenata che ero io e una carrozzina, o passeggino,  le pareva una sfida troppo grande per la sua età. Allora, io e lei da sole, tra ragazze si direbbe oggi, partivano verso l'acquisto del miracoloso olio. La drogheria aveva le pareti verdi e non brillava per illuminazione, gli scaffali erano né troppo pieni né troppo vuoti, e sul bancone insieme a una bilancia stavano due vasi con le caramelle sfuse, di solito le Seltz Soda all'arancia e limone e i bottoni di liquirizia, quelli che avevano l'aroma di violetta. Quando noi entravano le mie narici assorbivano l'odore,  un odore particolare, tra il sapone, la caramella, la cera e le acciughe sotto sale. Insomma sapeva di drogheria del paese, ma quella di quel paese e di nessun altro. Non ho trovato un altro posto al mondo che avesse lo stesso odore. La nonna sceglieva il suo olio, io parlavo con la droghiera e guardavo vogliosa le caramelle, andavo matta per tutte e due le qualità, ma il frizzantino delle Seltz mi inebriava. Devo confessare che speravo sempre che la droghiera me ne regalasse una, non è mai accaduto. D'altronde capisco, metà della mia famiglia è ligure da svariate generazioni e so che certe cose non si fanno, non si possono provocare le carie ai denti dei bambini gratis. Mia nonna si faceva fare il conto, di solito comprava anche del sapone o della candeggina, e fingeva di pagare. Non me ne accorgevo, perché ero troppo presa a fare la delusa cercando di nasconderlo, ma lei ridacchiava e facendo l'occhiolino alla droghiera, che ormai sapeva, pagava anche per due pacchettini minuscoli, in uno c'erano quattro o cinque Seltz Soda, nell'altro i bottoni alla violetta. Me li dava mentre riprendevamo la salita verso casa, sollevandomi dal fingere di essere allegra nonostante la delusione cocente. Alla fine era diventata una tradizione, fare finta di non comprare le caramelle. Mia nonna non c'è più da tanto tempo, ma la drogheria è rimasta lì al suo posto, vedetta e punto fermo del centro del paese. L'insegna è la stessa, le piastrelline uguali, l'interno non si è mosso di una virgola, era già vecchiotto e polveroso quando avevo otto anni, continua ad essere un po' buio e gli scaffali sono rimasti un po' pieni e un po' vuoti, forse oggi sono un po' più vuoti. Sono  passati gli anni, i prodotti sono cambiati ma l'odore, quell'odore speciale non è cambiato, non si è mosso un aroma, come se le varie molecole fossero rimaste sospese nella polvere del negozio.  Quando passo lì davanti e annuso, chiudendo gli occhi ritrovo le estati della mia infanzia. Torno ad avere nove anni e cammino mano nella mano con mia nonna. Non ci sono più i barattoli con le caramelle, però.

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