lunedì 18 luglio 2011

INCONTRO RAVVICINATO IN VENEZUELA

Vista dalla mia casa, a sinistra di fronte al palazzo bianco il posto delle iguane 
Cammino molto, perché amo camminare e perché, secondo me, è l'unico modo per conoscere veramente una città quando sei un turista, ma è anche il modo migliore di scoprire i posti vicino a casa quando ti trasferisci. Di solito quando arrivo in un posto faccio lunghe passeggiate prima per cercare la casa e poi per trovare le cose di cui ho più bisogno a portata di piede. Così ho fatto quando ci siamo trasferiti temporaneamente in Venzuela, in una cittadina a due ore e mezza da Caracas chiamata Valencia. Una città a misura d'uomo, con molto verde, relativamente tranquilla rispetto al caos di Caracas e dove la delinquenza non è agli stessi livelli di pericolosità. Attorno ai grattacieli colline ricoperte da una fitta vegetazione tropicale in tutte le tonalità del verde digradano fino a lambire le vie di grande percorrenza.  Per strada pochi camminano, temono il caldo, la fatica, il sole a picco, ma soprattutto hanno paura di essere rapinati, perché il Venezuela è un paese bellissimo e altrettanto pericoloso. Ovunque. Avevamo trovato casa al tredicesimo piano di un palazzo bianco che aveva una vista a perdita d'occhio sugli alti palazzi della zona, sulle piccole case basse, con la piscina e il giardino, sfumando verso l'orizzonte. Le finestre avevano le sbarre, nonostante ci trovassimo così in alto, ma l'altezza non era il solo motivo della loro presenza. La sicurezza è un'ossessione in tutta l'America Latina. La casa mi piaceva molto ed era sufficientemente vicina a tutto quello che mi serviva, il supermercato, la palestra, i negozi, il panettiere e le amiche. Così camminavo in lungo e in largo, andavo a mangiare le arepas in un posto speciale e passavo a prendere un caffè nella pasticceria dove compravo anche i dolci. Non mi è mai successo niente, contrariamente alle previsioni dei miei amici venezuelani stupiti che io fossi tanto coraggiosa da passeggiare per il mio piacere in città.
Un pomeriggio, ero arrivata da poche settimane, dovevo raggiungere le amiche in pasticceria dove si festeggiava il compleanno di una di loro e camminavo poco lontano da casa. Avevo appena passato l'angolo che segnalava l'inizio della ripida discesa, che sarebbe diventata dura salita al ritorno, e che costeggiava un ruscello. Infatti in mezzo alla città si trovava un ruscello con cascata di dimensioni notevoli, tutto è grande nelle Americhe, che scorreva a pochi passi dalla carreggiata asfaltata e dai condomini multipiano. Lungo le sue rive crescevano alberi altissimi e fitta vegetazione, il rumore dell'acqua che colpiva i sassi e gorgogliava allegra mi accompagnava sempre durante le passeggiate. Mi piaceva molto l'idea che un ruscello del sottobosco lottasse per dire la sua in mezzo ai grattacieli. La flora e la fauna che popolavano le rive erano fantastiche: uccelli multicolori e canterini, piccoli mammiferi che preferivo, romanticamente, immaginare non fossero topi e piccoli rettili che fuggivano al mio passaggio. Quel pomeriggio camminavo piano, godendomi il rumore del ruscello e fantasticando di come gli esploratori dei conquistadores dovevano essere rimasti sorpresi dalla vegetazione rigogliosa e benedetta di quei posti. Ero talmente presa dai miei pensieri che ebbi un sussulto quando sentii frusciare le foglie degli alberi in modo inconsueto, poco prima di arrivare all'edicola che mi segnalava la metà del percorso. Mentirei se dicessi che ero sempre rilassata quando camminavo per le strade di Valencia, un po' di tensione mi accompagnava ed ero sempre attenta ai movimenti della strada. Quel pomeriggio sussultai perché avevo abbassato la guardia e mi girai verso la strada pensando che qualcosa mi stesse minacciando. Le foglie di nuovo si mossero con un rumore forte, ma breve, più verso il ruscello che verso la strada. Mi fermai perché con la coda dell'occhio avevo colto qualcosa di inconsueto. Erano lì che si guardavano, una a metà dell'albero, l'altra a terra. Quella sull'albero sarà stata lunga un metro senza coda, l'altra poco di più, erano grigie, di un grigio dorato, e avevano le creste dorsali ritte, soffiavano con un rumore che sembrava la pompa di aspirazione di un'idrovora. Due magnifici esemplari di iguana si stavano sfidando, probabilmente per problemi territoriali o amatorii. Erano bellissime. Restai affascinata a guardarle per alcuni minuti, dopodiché qualcuno mi posò la mano sulla spalla con estrema delicatezza e contemporaneamente disse "No tenga miedo", non abbia paura, lo diceva non per le iguane, ma per il contatto fisico per strada che io avrei potuto scambiare per una rapina. Il padrone del chiosco mi invitava a lasciare il terreno di battaglia perché era pericoloso. Dopo quel giorno ho incontrato molte altre volte le stesse iguane nello stesso posto e altre ancora lungo il ruscello,  ma l'emozione della prima volta, quando ho immaginato di trovarmi nel cuore di una foresta tropicale anziché in una zona urbana, non l'ho più provata.

SUCCO DI MARACUJA (FRUTTO DELLA PASSIONE)

Ideale quando fa molto caldo, profumato e dissetante. 

12 frutti della passione (possibilmente quelli grandi e gialli, altrimenti raddoppiare la dose) - 1,5 lt di acqua - 125 gr di zucchero

Aprire i maracujà, mettere la polpa nel frullatore con un un bicchiere d'acqua e frullare bene. Passare al setaccio ed aggiungere lo zucchero e il resto dell'acqua. Mettere in una caraffa nel frigo. Servire con ghiaccio.

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